Raccontare la storia di Antonio Ligabue non è un’operazione semplice. Volevo nascondermi (2020), film diretto da Giorgio Diritti, ci invita nel corpo e nella mente di questo artista così unico nel suo genere e fuori da qualsiasi categoria. Il regista si serve del flashback per narrare gli anni giovanili di Ligabue, caratterizzati da non pochi problemi. Il pittore nasce nel 1899 a Zurigo da genitori italiani, ma viene affidato l’anno dopo a una coppia di svizzero-tedeschi. All’età di vent’anni Ligabue viene espulso dal territorio svizzero, dopo aver aggredito più volte la madre adottiva, e portato a Gualtieri (provincia di Reggio Emilia), paese di origine del padre naturale Bonfiglio Laccabue.

Il film sottolinea la sensazione di solitudine avvertita dall’artista nei boschi emiliani, agli argini del Po. Una vita da selvaggio con il freddo nelle ossa, ma in questi anni sofferenti e dolorosamente silenziosi Ligabue si rende conto che l’arte è la sua ancora di salvezza; in tal senso, risulta decisivo l’incontro con l’artista Renato Mazzacurati, che lo esorta a coltivare il proprio talento. I soggetti preferiti da Ligabue sono gli animali, in cui vede una bontà sconosciuta al genere umano; il pittore ama, infatti, imitare le bestie dopo averle riprodotte, a dimostrazione di un attaccamento al limite del morboso, sentito sin dalla tenera età. Di contro, il titolo della pellicola pone l’attenzione sul Ligabue emarginato dalla società; una evidente paura di relazionarsi agli altri, ma al contempo anche un profondo bisogno di affetto, condensato nella più volte ripetuta frase “Dam un bes” (dammi un bacio).

L’arte aiuta Ligabue a conoscere soprattutto sé stesso: i numerosi autoritratti dell’artista non sono semplici raffigurazioni del suo volto, bensì immersioni nella propria anima, pienamente comprensibili anche all’osservatore. È un po’ la missione affidata al protagonista di Volevo nascondermi, Elio Germano (Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino 2020); arrivato nel pieno della maturità artistica a interpretare un personaggio molto impegnativo, l’attore mostra ancora una volta (vedi In arte Nino) una singolare abilità nel dare voce al corpo e alle sue movenze, quando il linguaggio verbale non ha un ruolo predominante. È il caso delle scene in cui Ligabue mostra segni di squilibrio mentale, che costano all’artista ben tre ricoveri nell’ospedale psichiatrico di Reggio Emilia.

Il successo artistico di Ligabue, accresciuto grazie anche all’attività di scultore, culmina nel 1961 con la celebre mostra a Roma di molte sue opere. Ma mentre i lavori del “Tudesc” (appellativo scelto dagli emiliani) girano l’Italia, le sue condizioni fisiche si avviano verso un definitivo peggioramento. Anche se spesso bollato dalla critica come artista naif, Antonio Ligabue ha saputo restituire alle sue opere, riconoscibili per l’espressività del loro stile, la sofferenza e la successiva liberazione provate sulla propria pelle.

Giorgio DirittiVolevo nascondermi, Italia 120′ – biografico, drammatico 2020.